Per pancetta intendo quella del maiale detta anche rigatino, da noi alla Coop si vende sempre tagliata fine fine e possibilmente magra per lardellare gli arrosti, ma non più di 80-90 g per volta, un vero proprio rompimento di scatole per noi addetti visto che essendo molto impepata sopra e con un cotenna dura, fra prenderla pulirla metterla sull’affettatrice tagliarla e confezionarla e poi pulirci le mani e la lama perdiamo tempo per pochi centesimi, ma quest’anno in cima alla montagna, un gruppo di eletti, mi ha fatto vedere quale è il vero utilizzo della pancetta l’eccellenza per la quale è nato questo cibo.
Dopo ore di cammino in cerca di funghi con la gerla e il paniere pieni, ma nello stomaco due mele per colazione e nella testa tutti i buoni propositi salutisti, incontriamo un gruppo di cacciatori al passo dei colombi, tutti intorno ad un bel fuoco sullo scollino della montagna.
Sorridenti e felici in piedi con il pane in mano ci accolgono sorridendo, li guardo in faccia e riconosco tre miei paesani, li saluto e mi avvicino al fuoco, poi sposto lo sguardo sul pane che hanno in mano: due fettine fini di un centimetro circa e dentro una fetta alta due dita di …… pancetta o rigatino come dir si voglia, e loro la tagliavano a tocchetti con il coltello richiudibile da contadino e la gustavano così bella bianca come la neve dall’aria gustosissima. Mi guardano, forse il mio sguardo è stato più che eloquente, mi chiedono “ Ne vuoi?” ed io pensando all’ultima mela che ho nella tasca “ No, no grazie”.
Una lacrima silenziosa mi scende sulla guancia.